lunes, 14 de diciembre de 2009



Monte Grande festeggia la sua Santa

La storia della Santa

Santa Barbara nacque a Nicomedia (oggi Ismit o Kocael in Turchia) nel 273 d.C.. La sua vita riservata, intenta allo studio, al lavoro e alla preghiera la definì come ragazza barbara, cioè non romana. Era una denominazione di disprezzo. E' questo il nome a noi pervenuto da quello suo proprio. Tra il 286-287 Santa Barbara si trasferì presso la villa rustica di Scandriglia poiché il padre Dioscoro, fanatico pagano, era un collaboratore dell'imperatore Massimiano Erculeo. Quest'ultimo gli aveva donato ricchi e vasti possedimenti in Sabina. Dioscoro fece costruire una torre per difendere e proteggere Barbara durante le sue assenze. Il progetto originario prevedeva due finestre che diventarono tre (in riferimento alla Croce) secondo il desiderio della ragazza. Fu costruita anche una bellissima vasca a forma di Croce. Sia la finestra che la vasca non erano altro che i simboli del cristianesimo a cui la ragazza si era convertita. La tradizione afferma che proprio nella vasca Barbara ricevette il battesimo per la visione di San Giovanni Battista. Il corpo di Santa Barbara si venera, dal 1009, nella chiesa veneziana di S. Giovanni Battista a Torcello. La reliquia del cranio era custodita, prima in un busto di legno poi in uno di metallo, nella chiesa di S. Barbara dei Librari. Con la soppressione della parrocchia di S. Barbara, avvenuta il 15 settembre 1594, l’insigne reliquia fu portata a San Lorenzo in Damaso. Il reliquiario parte in argento, parte argento e bronzo dorato, è da attribuirsi alla prima metà del XVI secolo. Il Diario Romano (1926) indica a S. Maria in Traspontina, nell’altare a lei dedicato, un frammento di un braccio. Alcune reliquie non insigni di S. Barbara sono conservate, in un cofanetto del XII secolo, nel Tesoro di S. Giovanni in Laterano. Il borgo di Santa Barbara (www.cilentodamare.it) Nel mezzo del Cilento, alle pendici del Monte Sacro, lungo le sponde del fiume Bruca. Le fonti lo vogliono sorto per mano di monaci italo-greci provenienti da Oriente che scappavano dalle persecuzioni. La nascita dell’abitato è, quasi con certezza, da spostare più indietro nel tempo e precisamente al periodo antico. I Focei, infatti, usavano risalire quella che viene oggi denominata la “via del Sale” alla ricerca di legname per alimentare i loro cantieri navali e, in una di queste escursioni, probabilmente si stabilirono sulle sponde dei fiumi Bruca e Palistro. Il punto di partenza sicuro per la storia del piccolo paesino è il 1005. Risale a quell’anno, infatti, un diploma con il quale il principe di Salerno Guaimaro III donò all’abate di Cava il monastero di Santa Barbara. Il fiore all’occhiello di Santa Barbara era la chiesa intitolata al santo patrono “Chiesa di sant’Elia profeta”. Oggi questa non è più visibile. Il pomeriggio del 22 febbraio 1958, infatti, un fulmine si abbatté sul campanile che cadde sulla chiesa abbattuta anch’essa alcuni anni dopo. In ricordo della chiesa caduta, ma soprattutto come devozione per la protezione accordata ai suoi figli, in paese il 22 febbraio si festeggia Santa Barbara.

La festa in Argentina


A Monte Grande ormai da anni l’omonima associazione festeggia la sua Santa nel santuario a lei dedicato. In una meravigliosa giornata di sole domenica 6 dicembre , i devoti si sono riuniti per la tradizionale processione, seguita dalla celebrazione eucaristica. Il missionario scalabriniano ha elogiato Santa Barbara soprattutto come protettrice dei minatori, ricordando il suo legale con i grandi lavori della ditta italiana “Ghella”, che si stanno realizzando per il risanamento del fiume Maldonado. La ditta, infatti, ha gia incominciato a scavare de enormi tunnel al di sotto della città per raggiungere i punti della città che soffrono da anni il problema degli allagamenti. I minatori, gli ingegneri e da sempre la ditta italiana hanno avuto come patrona Santa Barbara.
I devoti di Santa Barbara si sono sentiti orgoglioso di questo progetto, che ci fa onore in Argentina. Dopo la santa messa è seguito il pranzo, accompagnato dalla buona musica italiana e dai balli.

Madonna di Loreto



San Justo in festa per la Madonna di Loreto
(www.parrocchie.it)


Il santuario di Loreto conserva, secondo un'antica tradizione, la Casa nazaretana della Madonna. La dimora terrena di Maria a Nazareth era costituita da due parti: da una Grotta scavata nella roccia, tuttora venerata nella Basilica dell'Annunciazione di Nazareth, e da una Casa in muratura antistante.
Secondo la tradizione, nel 1291, quando i crociati furono espulsi definitivamente dalla Palestina con la perdita del Porto di Accon, la Casa in muratura della Madonna tu trasportata, "per ministero angelico", prima in Illiria e poi nel territorio di Loreto (10 dicembre 1294).
Oggi, in base a nuove indicazioni documentali, ai risultati degli scavi archeologici nel sottosuolo della S, Casa (1962-65) e a studi filologici e iconografici, si va sempre più confermando l'ipotesi secondo cui le pietre della S. Casa sono state trasportate a Loreto su nave, per iniziativa umana.
Giovanni Paolo Il nella Lettera per i VII Centenario lauretano, indirizzata a mons. Pasquale Macchi, arcivescovo di Loreto, il 15 agosto 1993, ha scritto: "La S. Casa di Loreto non è solo una reliquia, ma anche una preziosa icona concreta" (n. 2).
E' reliquia perché è "resto", cioè parte superstite della dimora nazaretana di Maria. E' icona perché si fa specchio che riflette ineffabili verità di fede e rifrange luce su alti valori di vita cristiana. Per questo la S. Casa di Loreto è il primo santuario di portata internazionale dedicato alla Vergine (ivi, n. 1). Vengono qui richiamati i messaggi biblico-teologici del ricco magistero-lauretano di alcuni papi, in primo luogo di Giovanni Paolo II.

Culla dell'Immacolata

La Casa nazaretana venerata a Loreto è identificata dalla tradizione con quella in cui la Vergine Maria nacque e fu educata e poi salutata dall'angelo Gabriele'. Lo ha ribadito anche Giulio Il nel 1507 e, in seguito, numerosi pontefici.

La Casa di tutti i figli adottivi di Dio

E’ un motivo teologico caro al magistero di Giovanni Paolo II che vi è tornato più di una volta. La Casa del Figlio dell'uomo è la casa universale di tutti i figli adottivi di Dio. La storia di ogni uomo, in un certo senso, passa attraverso quella casa. La storia dell'intera umanità in quella casa riannoda le sue fila. La Chiesa che è in Italia, alla quale la Provvidenza ha legato il santuario della S. Casa di Nazaret, ritrova lì una viva memoria del mistero dell'Incarnazione, grazie al quale ogni uomo è chiamato alla dignità di figlio di Dio.

In Argentina

A San Justo la statua della Madonna di Loreto è arrivata tre anni fa nella Cattedrale della città. Domenica 13 dicembre in una solenne processione i lauretani hanno festeggiato la Madonna pieni di fede e devozione. La celebrazione eucaristica è stata presieduta da Mons. Baldomero Carlos Martini, accompagnato dal P. Fabrizio Pesce.

miércoles, 21 de octubre de 2009



San Michele Arcangelo
Patrono di Sant’Angelo Le Fratte
(www.comune.santangelolefratte.pz.it)

Cenni storici

Le prime notizie certe sul paese risalgono al II Medioevo (XI – XII sec.). Il primo documento storico a parlare ufficialmente del Casale di Sant' Angelo Le Fratte è il catalogo dei Baroni contribuenti alla spedizione in terra santa, fatta durante il Regno di Guglielmo II il Buono (1178 – 1188). Vengono poi i Cedolari Angioini e i Registri della Cancelleria Angioina. Da questi si apprende che Ruggiero II, salito al trono nel 1130, organizza l'intero territorio Statale in Giustizierati. L'antica Lucania viene divisa in sei Giustizierati : di Basilicata, di Terra d' Otranto, di Terra Bonaventura, di Principato, di Terra Giordana, di Terra di Crato. Quello di Principato comprendeva tutti i paesi della valle del Meandro. E' dunque legittimo considerare formato il Casale di Sant'Angelo Le Fratte già nella prima metà del secolo XI sia pure con popolazione ed abitato esigui. La battaglia di Benevento (1266) costituisce il momento che maggiormente ne ha segnato la storia : essa vede contrapposto Carlo I d'Angiò a Manfredi, figlio naturale di Federico II. Sconfitto quest'ultimo, Carlo affida l'agro ad un suo capitano, Nicola Janville, con la giurisdizione ed il titolo di conte : è il primo signore di cui si abbia notizia.

Il nome

Non conosciamo come e quando il casale abbia preso la sua attuale configurazione e denominazione. Sicuro punto di riferimento per il suo sviluppo è la Cappella dell'Angelo ovvero dell'arcangelo S. Michele, situata al riparo della montagna Crapineto. Ignoto è il punto preciso ove sia sorta. L'abate Giacomazzi si limita a dire che ai suoi tempi la cappella era passata alla amministrazione della “antica e signorile famiglia Mangieri”, conservandone il nome.
Tanto è l'ascendente della devozione all'Arcangelo nei nostri antenati da chiamare il loro agglomerato S.Angelo.
La gastronomia

I prodotti tipici dell'area mediterranea sono gli elementi tipici della cucina tradizionale Sant'Angiolese come ad esempio la pasta, il pane, l'olio di oliva. Vanno tra l'altro anche ricordati i formaggi, i salumi, le carni di agnello e capretto, le verdure. I piatti tipici del paese sono: lagane e ceci, i cavatelli, la ciambotta e l`agnello alla contadina.

La festa

La festa Patronale in onore di San Michele Arcangelo, si tiene il 29 Settembre, giorno della ricorrenza, e l'8 Maggio, giorno di penitenza, istituita a seguito degli eventi sismici del Dicembre 1857 per volere della popolazione quale implorazione al Santo affinché proteggesse l'abitato da ulteriori catastrofe;

I festeggiamenti, preceduti dalla novena, sono molto sentiti dalla cittadinanza, ed in particolare, da concittadini che per motivi di lavoro, hanno dovuto, in passato, trasferire la propria residenza all'estero o nel Nord Italia.

Questi, infatti, da diversi anni, forti per l'attaccamento alla propria terra, alle proprie origini, alla propria fede cristiana, alle tradizioni del luogo, assicurano la loro presenza per onorare il Santo Patrone. Domenica 11 ottobre nei pressi di Villa Luzuriaga (San Justo), la comunità dei paesani si è ritrovata nella parrocchia Stella Maris per rendere omaggio a San Michele. Il Presidente Josè Laurino ha presentato il nuovo stendardo del Santo che è stato benedetto dal parroco padre Roberto Cullari.

viernes, 16 de octubre de 2009



San Michele Arcangelo Sant`Arcangelo, Potenza

Sant' Arcangelo sorge su una collina argillosa, situata nella media valle dell'Agri ed occupa una posizione mediana tra la pianura metapontina e la zona montagnosa di Viggiano. Il paese domina una fascia pianeggiante coltivata ad ortaggi ed a frutta di ogni genere. A circa due chilometri dall'abitato, si estende San Brancato nuovo centro di espansione urbana. Tra il VII e l' VIII secolo fu Gastaldato longobardo, nel XI secolo costituì una delle 12 contee in cui venne diviso lo Stato normanno e nel 1829 fu dominazione feudale dei Della Marra.
Dal 1517 ebbe inizio la denominazione dei principi Carafa, durata fino al 1638.
Il paese da cui provengono i promotori della festa di San Michele Arcangelo in Argentina ha una vita associativa molto attiva, e anche un giornale proprio, la “Ventunora”. Quello stesso spirito che continua a permeare i figli della Basilicata è presente in Argentina. La festa di San Michele, celebratasi domenica 4 ottobre nella sede dell`omonima associazione, ha raccolto un numeroso gruppo di fedeli. Federico La Rocca al termine della celebrazione eucaristica ha cantato il tradizionale inni a San Michele. I festeggiamenti si sono svolti in una atomosfera di gioia e serenità.

jueves, 24 de septiembre de 2009



I santonofresi festeggiano la Santa Croce

STORIA DI SANT'ONOFRIO

In origine il luogo era abitato da monaci basiliani, che qui avevano un monastero. Sono stati trovati reperti di insediamenti precedenti di piccola entità. Il comune prende il nome da un eremita, Sant'Onofrio del Cao, che aveva preso questo nome in onore di Sant'Onofrio anacoreta. Era chiamato "del Cao" in quanto nella zona è presente un pendio, simile a un burrone, chiamato anticamente dai greci Caos. Attualmente nella località "Cao" è presente una fontana munita di vasche, in cui le donne, fino a qualche decennio fa, andavano a lavare.

CUCINA TIPICA DI SANT'ONOFRIO

Essendo una zona agricola, la cucina si basa principalmente su prodotti della terra, a volte "poveri", e sul maiale. Quest'ultimo è lavorato secondo le tradizioni contadine, durante una specie di festa a cui partecipa tutta la famiglia, per produrre insaccati di vario tipo, nella maggior parte dei quali è contenuta una notevole quantità di peperoncino. La pasta tradizionale sono i fileja, una pasta fresca impastata senza uova e poi filata su un bastoncino di legno per farle assumere una forma a elica. Viene condita con sughi di vario genere, principalmente a base di carne. Altre componenti tipiche della cucina tradizionale sono i legumi, a volte preparati con erbe selvatiche, e i peperoni. Durante le feste di Natale, dal giorno dell'Immacolata in poi, vengono prodotti dei dolci fritti di patate, chiamati cururicchi. La cena di Natale è caratterizzata dalla presenza di tredici pietanze diverse, con presenza fissa di piatti a base di baccalà e di verdura.

TRADIZIONI LOCALI

I costumi locali sono incentrati principalmente sulle feste religiose. Oltre alle classiche processioni, il giorno di Pasqua, prima della messa di mezzogiorno, è inscenata l'Affruntata, una rappresentazione dell'annuncio della resurrezione di Gesù Cristo. Come consuetudine in diversi comuni della zona, l'affrontata è eseguita portando a spalla statue di santi. Negli anni '80, dopo un'abbondante nevicata, un grosso ramo di un albero di ulivo si ruppe. Sul tronco scoperto, secondo alcuni, sarebbe apparso il volto di Gesù Cristo. In quella zona, meta di pellegrinaggi per diverso tempo, fu costruita una cappella. Principale festa del paese, oltre a quella del Santo Patrono, è la festa della Santa Croce che si svolge l'ultima domenica di settembre. La festa in onore della Croce venne celebrata la prima volta nel 335, in occasione della “Crucem” sul Golgota, e quella dell'"Anàstasis", cioè della Risurrezione. La dedicazione avvenne il 13 dicembre. Col termine di "esaltazione", che traduce il greco hypsòsis, la festa passò anche in Occidente, e a partire dal secolo VII, essa voleva commemorare il recupero della preziosa reliquia fatto dall'imperatore Eraclio nel 628. Della Croce trafugata quattordici anni prima dal re persiano Cosroe Parviz, durante la conquista della Città santa, si persero definitivamente le tracce nel 1187, quando venne tolta al vescovo di Betlem che l'aveva portata nella battaglia di Hattin.
La celebrazione odierna assume un significato ben più alto del leggendario ritrovamento da parte della pia madre dell'imperatore Costantino, Elena.
Anche quest`anno, l`associazione santonofrese ha celebrato l`antica festa dell`Esaltazione della Santa Croce. In un clima di profondo raccoglimento e devozione, i santonofresi si sono trovati sabato 19 settembre per la messa in memoria dei fedeli defunti e domenica 20 per la solenne feste nella sede rinnovata e abbellita dal generoso sforzo della commissione. Dopo la Santa Messa e la Processione, il tradizionale pranzo ha raccolto circa 300 persone nell`amplio salone dell`omonima associazione.

martes, 15 de septiembre de 2009

San Pietro e San Paolo
Savelli

Un po` di storia…(savellionline.it)

Domenico Paletta, detto u quarararu, nel 1881 inaugurò il triste fenomeno dell'emigrazione. Fu il primo savellese a lasciare l'Italia per emigrare in Argentina, dopo di lui ne partirono altri, poi altri ancora. Padri, mariti, figli lasciarono il paese con intensità crescente tanto che ai primi del '900 non vi era famiglia che non avesse un suo membro emigrato. Le donne che restavano in paese ricevevano le rimesse dei loro cari con cui allevavano i figli e a volte vivevano anche in agiatezza; moltissime dopo pochi anni non seppero più nulla del proprio congiunto e attesero invano una lettera, un saluto.Molte furono le donne che intonarono:

'Merica, chi te via arsa re fuoco,
Cuomu re fuocu fa' vrujiara mmie;
A llu mio bene ti lu tieni lluocu
E llu fa' stare luntanu re mie
Rille si si nde vena o si sta lluocu
O veramente s'è scurdatu e mie
rille si ci addimmura n'atru puocu,
L'ossa ce po' truvare e no r'a mmie!

Si calcola che dal 1881 circa diecimila savellesi abbiano preso la via dell'emigrazione: fu un flusso ininterrotto, che subì una flessione durante il ventennio fascista. Esso si diresse soprattutto verso l'Argentina, solo un numero limitato di persone si recarono nel Nord America e in Australia. A partire dagli anni Sessanta molti braccianti, contadini e artigiani, con al seguito la famiglia, hanno abbandonato Savelli per raggiungere la Francia, la Germania, il Belgio, il Lussemburgo, la Svizzera e il cosiddetto triangolo industriale dell'Italia del Nord. Ogni capofamiglia ha lavorato sodo nelle miniere di carbone del Belgio, alla Fiat di Torino, in ogni dove col pensiero fisso di fare studiare i propri figli per assicurare loro un futuro diverso dal loro, fatto di più certezze. E' stata questa fede che li ha aiutati nel duro mestiere di emigrante: a loro va tutta la nostra eterna gratitudine.

I festeggiamenti

I Savellesi giunti i Argentina hanno mantenuto le loro tradizioni. Hanno fondato l`associazione savellese in onore ai santi patroni Pietro e Paolo. Domenica 13 settembre in data posticipata causa influenza porcina l`omonima associazione era in festa. Nella sede il P. Fabrizio ha celebrato la santa messa e accompagnato la processione assieme la parroco della zona. Dopodichè si è svolto il tradizionale pranzo. Il Presidente dell`associazione Francisco Rotundo ha sottolineato l`importanza dei giovani nell`associazionismo e si è prodigato per la buona riuscita dei festeggiamenti, che hanno raccolto un gran numero di stendardi proveniente dalla associazioni vicine e lontane, aderenti a FACIA e Faca.
Festa della Madonna del Pettoruto

I festeggiamenti delle nostre feste in Argentina sono sempre una bella occasione per saperne di più sull`origine delle nostre devozioni. Ecco uno spezzone di storia del Santuario della Madonna del Pettoruto (www.madonnadelpettoruto.it).
La storia del Santuario si perde nei secoli. Eretto nel 1274 dice il Barillaro, ad iniziativa dell’Abbazia di Acquaformosa, fu ampliato tra il 1633 e il 1646; distrutto dal terremoto del 1783 e ricostruito nel 1834, fu restaurato alla fine dell’Ottocento e poi nuovamente rifatto e ampliato dal 1920 al 1929.
Altre fonti storiche accennano ad una dipendenza del Santuario del Pettoruto dalla “grancia” cistercense del Monastero Abbaziale di Acquaformosa fin dal 1226; da grancia divenne Commenda nel 1348 ed infine Concistoriale nel secolo XVII.
È a questo periodo che si rifanno alcuni manoscritti come quello del canonico Cristofaro e dell’arciprete Cerbelli, che narrano del ritrovamento della statua, ricavata sulla pietra da un latitante di Altomonte, Nicola Mairo che, nel desiderio ardente di vedere riconosciuta la sua innocenza, la scolpiva così come la vedeva: soffusa da un mistico e materno sorriso con gli occhi grandi dallo sguardo penetrante, dal volto ampio e riposante che ispira materna fiducia.
La statua della Madonna fu ritrovata dal pastorello sordomuto di Scalea, Giuseppe Labazia che, sentendosi chiamato per nome da una voce di donna, la scoprì tra gli elci; per prodigio riacquistò l’udito e la parola e fu il primo a praticare e a divulgare la devozione alla Madonna. Fu costruita una piccola cappella che in seguito fu ampliata fino all’attuale grandioso edificio elevato a Basilica da Giovanni Paolo II nel 1979.
La Conferenza Episcopale Calabra, lo ha promosso a Santuario Regionale.
La fede dei devoti della Madonna si è fatta sentire anche quest`anno. Domenica 6 settembre a San Isidro nella sede del Club SOIVA, l`associazione omonima ha fatto onore alla sua Madonna con la tradizionale processione. La santa messa, celebrata nello spiazzale del Club, era gremita di gente. La tenda posta nel centro dello spiazziale, dove è stata riposta la statua della Madonna dopo la celebrazione eucaristica, è si è trasformata in luogo di pellegrinaggio durante tutta la giornata. Intanto, il pranzo all`aperto, la musica italiana dal vivo e il ballo hanno rallegrato lo splendido pomeriggio di amici e devoti.